Per spiegare l’efficacia delle parole, parliamo ancora una volta di Teatro e questa volta di Eugenio Barba e dal suo libro La canoa di carta, questa riflessione sull’arte recitativa. Tra le intenzioni del regista e quello che gli attori portano in scena c’è sempre un dislivello.
Proviamo a fare un parallelismo tra arte recitativa e arte scrittoria.
Lo scrittore si immedesimi in un regista che dirige una scena.
I suoi personaggi sono gli attori che recitano.
C’è un dislivello tra quello che lo scrittore vuole dire e quello che realmente gli restituiscono i suoi personaggi, per come li sta scrivendo, descrivendo, tratteggiando? Per come li vede muoversi sulla scena?
Arriva quello che scrive?
È efficace la sua intenzione narrativa? Sta realmente scrivendo quello che ha pensato? Riesce a dare, alle parole, la stessa forza evocativa di quell‘incantazione che lo avvolge quando scrive?
L’efficacia delle parole: nell’arte recitativa e nell’arte scrittoria
Per ottenere un elevato potenziale evocativo lo scrittore deve ammettere l’indissolubilità tra efficacia delle parole e precisione della cifra stilistica.
La scrittura creativa non si discosta poi tanto dall’arte recitativa. In entrambi i casi, si tratta di comunicazione dentro una scatola magica.
L’efficacia “sottile” (sottile agg. [lat.subtīlis, der. della locuz. sŭb tela, termine dei tessitori, propr. “che passa sotto l’ordito”]) di una frase o di un’immagine non arriva da ciò che rappresenta ma dall’esattezza con cui è stata costruita, con cui sono stati messi insieme tutti i suoi segmenti, le sue parti.
L’efficacia di una frase non è data dunque da “che cosa” si scrive ma da “come” lo si scrive. Così come per l’attore: l’energia è un “come” e mai un “che cosa”.