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Liberi Pensieri: Chi sono i Poeti?

Non sono qui ad autoproclamarmi poeta perché è la Poesia che sceglie i poeti, non viceversa e quindi io non so se la Poesia mi abbia scelto, so che ho delle belle sensazioni quando scrivo.
Con l’avanzare dell’età molti autori ambiscono al titolo di poeta, quasi fosse una patente di assoluta profondità per viaggiare su una corsia preferenziale delle Parole emozionali.

È quasi un’urgenza post dolore, post traumatica, post mortem (della felicità). Cioè uno crede un giorno di aver avuto una mezza illuminazione, un quarto d’intuizione, impastata con parole e dolori, emozioni e vento, e si autoproclama poeta, talvolta non riconoscendo la possibilità della stessa polpa negli altri, come se gli altri o alcuni altri non avessero nemmeno il diritto di provarci, a farsi salvare dalla scrittura, e a sfilarsi da soli dalle budella quel continuo di sofferenza, senza dare fastidio a nessuno.

Da lì in poi l’auto titolato poeta quando si presenterà dirà: “Ciao sono Tizio e sono Poeta”, rigorosamente pronunciato con la
P maiuscola, (altro che parlare in corsivo! Provate a parlare in maiuscolo).
“Ciao Tizio” gli risponderanno in coro gli altri, seduti in cerchio sulle sedie dell’anonima associazione. Ma non
saranno generosi.
“Chi ti manda? Chi ti ha detto che sei poeta? Di quale clan poetico fai parte? Fanno schifo le tue poesie. La poesia non
è cosa tua. Chi ti ha detto che puoi dirti Poeta?”. Ma cos’è allora la Poesia?

Un gargarismo a fine pasto? Un risciacquo nelle rime, per elevare l’anima al ruolo sacro del cantore?
Eh, ma non basta mica una manciata di versi, avallata dagli amici degli amici dei santi in paradiso, amichevoli, amicali. Senza tecnica, non bastano nemmeno le budella, non basta quello strizzare d’occhi, espressione vagamente distratta.
Non serve a nulla intercettare una visione, azzeccare un’immagine o calcare un paio di occhiali sulla punta del naso.
Nemmeno una confessione sofferta basta
a canalizzarsi con quel dio.

Quello dei poeti che – solo lui –assiste e guarda disperato e disperante. E il dio degli altri invece? Secondo gli auto proclamati poeti cos’é? Un gregario del dolore? Uno malleabile, compassionevole?

Nessuno osi chiamarsi poeta perché definirsi poeta è come definirsi umile. La più grande delle incongruenze.

/po·è·ta/

Definizione 1.
La personalità dell’autore, nell’ambito di una classificazione letteraria o estetica della poesia. Poeti si nasce, oratori si diventa.
Amen, aggiungerei.


Definizione 2.
ESTENS.
Persona dotata di un grado notevole di immaginazione o di sentimento (avere un cuore di p. ), polemicamente traducibile, nel linguaggio popolare, in un eccesso di fantasia e in incapacità nelle attività pratiche.

Poeta vuol dire un cervello un po’ balzano che, ne’ discorsi e ne’ fatti, abbia più dell’arguto e del singolare che del ragionevole.
Sic! aggiungerei, con buona pace di Alessandro Manzoni.

Vecchi tromboni e muse ammusate son certi poeti!

Pertanto non ci tengo affatto ad essere poeta ma voglio continuare a scrivere ciò che voglio, quando sento ciò che sento. E lo farò qui, nel mio blog. I poeti stanno a dda banna e a casta banna, di qua e di là, alzano barricate gli uni contro gli altri, si offendono, si sfanculano sui social, però dentro: “tutti poeti dalla grande sensibilità che – per Dio – è solo la loro! Gli altri – profani profanatori – non possono permettersi di avvicinarsi alla poesia.

Ma chi l’ha detto? E perché?

La poesia non è un’ambizione personale. Non è nemmeno presunzione. È un fottuto rumore dentro la testa, che rende molle la ragione, la gonfia di immaginazione e la priva di praticità. I poeti sono bloccati tra i tentacoli di un demone costrittore.

Non so voi, ma io non ho muri imbrattati di numeri, di parole alla rinfusa. Non ho il seno scivolato sulla pancia. Non fumo. Non bevo.

Non sono vessillifera, non reggo insegne. Sono sportiva, e i poeti non sono atletici ma nemmeno aletici.
Pasolini giocava a calcio. Era un’eccezione.

Scrivo libera i miei Appunti Cortesi.

Non voglio che nessuno si prenda la briga di definirli l’una o l’altra cosa, o perda tempo a valutare se è prosa, se è poesia, se è una formulazione letteraria, o la sola convulsione della mia mente. Sono solo Appunti Cortesi, a volte molto scortesi. Voglio scrivere con delicatezza ma se mi va anche con sfrontatezza, di versi da sette e senza un a capo. Di rime senza baci e di chiuse per la sintesi. Di quello che mi frulla per la testa senza estetica ma per etica, voglio essere introversa come l’erica, innocente come l’edera. In levare.

E non voglio impegni con le definizioni letterarie.
Le classificazioni mi fanno ridere. Voglio continuare ad essere me stessa, non una serva di parola.
La Poesia non credo sia un privilegio di pochi ma una macchia, il tormento di molti.

In tutto questo, i lettori però vanno liberati dalla soggezione psicologica della poesia. La poesia fa paura, perché può essere viscerale, tribale, può essere un richiamo doloroso per chi la legge, ma a volte fa paura solo perché non la si capisce, cioè la capisce solo chi l’ha scritta. Allora perché costringere parole in una gabbia e spaventare il lettore facendolo sentire spaesato e spoetato? Perché delle volte sembra che alcuni poeti dicano: “Attenzione stai per leggere POESIA una cosa colta che potresti non capire. Tu celebrami, seguimi e mettici un Like! Allarme rosso. (cliccare per effetto sonoro).

I Poeti, invece, vorrebbero essere dalla parte opposta della loro ragione, dalla parte opposta della loro inquietudine.Credo che potendo, preferirebbero persino essere dalla parte opposta dei loro versi.
Vorrebbero essere felici per smettere di scrivere.
Ma è la Poesia che sceglie i Poeti. Non viceversa.

La differenza tra auto dichiarazioni di poesia e attribuzione oggettiva dell’elemento poetico a un verso è come la differenza che c’è tra la parola kitch e la parola chic. Un distacco di stile, tra presunzione e distinzione.

Fliaci travestiti da poeti
burocrati arroganti,
pedanti imbonitori
siete voi i vessilliferi:
portatori d’insegne sbiadite.
L’esser poeti non è un vanto.
È solo un vizio di natura.
Un peso che s’ingroppa
con paura.

– Eugenio Montale

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