BOW WINDOW, romanzo a puntate sul mio blog
Vanille suonò alla porta di Hope.
«Entra, è aperto».
La voce di Hope sembrava uscire dal fondo di un cartone.
«Ho portato i dolci» disse Vanille spingendo la voce e allungando il collo.
«Faccio in un attimo, arrivo! Kevin corri è arrivata Vanille».
Un piccolo nuotatore in pigiama, cuffia e occhialini, arrivò a bracciate lunghe.
«Zia Vanille!».
«Dov’è mamma?».
«Sono sotto al lavello» le urlò l’amica sfiancando la penultima sillaba e sbuffando la “o”.
Dalla cucina arrivavano rumori di ferrami e imprecazioni. «Ehi voi due! Non iniziate senza di me!».
Vanille andò in cucina. Hope, in posizione plastica, sfidava ogni legge della fisica. Dal forno uscivano spifferi di fumo grigio.
«C’è odore di abbrustolito. Sei sicura che non si stia bruciando qualcosa?».
«La nostra pizza! Tirala fuori mentre finisco qua sotto. Le presine sono lì, da qualche parte».
Se il forno avesse avuto la possibilità di una soggettiva avrebbe inquadrato il grande occhio esterrefatto di Vanille.
«Qual è il numero dei pompieri?».
Un rettangolo pietrificato di mozzarella e salsa incorniciato nel carbone, ecco cosa restava della pizza.
Hope uscì da sotto il lavello, tutta sfatta, testa bagnata.
«S’è bruciata?».
«No! S’è carbonizzata!».
«Sono un disastro!».
«Sì a volte. Anche a me oggi è andata storta e sono imbufalita. Tre Scacciapensieri?».
«Con due birre grandi e una Pepsi?» chiese Hope.
«Aggiungerei anche patatine fritte!» disse Vanille.
Ordinarono tre pizze con un food delivery. Nell’attesa della consegna, Vanille andò nel suo appartamento a rinfrescarsi e a cambiarsi, Kevin riprese a nuotare sul tappeto blu del soggiorno.
La serata era di quelle perfette: pizza patatine dolci, due amiche, un bambino, la serie Tv preferita e un divano.
Kevin si addormentò scaricato nelle bracciate di quel suo stile davvero libero.
«Lo hai iscritto a nuoto o ti sta insistentemente comunicando che ci vuole andare?».
«Kevin vuole fare due cose: nuotare e suonare. Dice che quando nuota non sente niente, nemmeno più la tristezza e che quando canta o ascolta la musica non ha tempo di pensare a suo padre».
«Ha solo cinque anni ma ha del talento per la sofferenza» disse Vanille tra dolcezza e realtà.
«Non lo vede e non lo sente da mesi. Io sono stanca di litigare con uno che ha cancellato suo figlio dalla sua esistenza».
«Cancellare qualcuno è crudele! Un figlio poi. È come dire: “Scusa mi sono sbagliato. Ti ci ho infilato per errore in quel cavo uterino. Dimenticati dei tuoi primi mesi, di un abbozzo di vita, dimenticati di essere nato. Scusa ragazzino, puoi tornare da dove sei arrivato? Del resto, la vita quaggiù fa schifo».
«Ma che dici Vanille? Suo padre non chiederebbe mai scusa. Lo ha cancellato perché sono io il suo errore e Kevin la mia estensione che sconfina nella sua vita. Ha preferito non aderire alle leggi della compassione. Sai come fanno i cani? Io non ti vedo, io non ti annuso, tu non esisti. Suo padre ha fatto così, ha smesso di annusarci. Non sa cosa si perde: Kevin è speciale. Ma lui, lui non pensa a noi quindi noi non esistiamo. Nella sua testa funziona così. Che stronzo!».
«È insopportabile quando qualcuno sparisce così. Florent lo ha fatto con un tempismo surreale tra le spiagge spumose della Camargue».
«Hey, hey frena rivendico la serata pizza e schifezze. Questa non è la serata popcorn e fazzolettini. Avanti ‘spezzamatite’, dimmi chi ti ha fatto incazzare oggi?».
«Mr Brown: un autore che ha cancellato un personaggio».
«Strana coincidenza di argomenti».
Hope rise. Vanille rifletté a voce alta.
«Di strano c’è che sto iniziando a mettere in dubbio le mie capacità. Qual è la sottile linea di demarcazione tra presunzione e talento? E se la mia fosse un’ostinazione dettata da una – diciamo discreta – arroganza professionale?».
«Tu, arrogante? Oddio mio hanno capovolto il mondo. Hey lassù rimettete il cielo a coperchio di questa vecchia scatola».
«Non lo so, sono confusa. E lunedì avrò il mio bel discutere con Paige».
“A proposito di arroganza” pensò Hope.
«Con la litigata di oggi mi sono sotterrata da sola. Lo sapesse Mr. Jay».
«Chi è Mr. Jay? Non me ne hai mai parlato, hai uno spasimante e non mi dici niente?».
«No, la scema che sei! Mr. Jay è il personaggio cancellato dal romanzo».
«Frena, ‘spezzamatite’, stai andando a sbattere contro un muro di nuvole: mi stai dicendo che un personaggio cancellato da un romanzo potrebbe sapere di essere stato cancellato?».
«Potrebbe».
«Sei pazza, lo sai?».
«Ma certo!». Vanille sembrò illuminarsi.
Hope annuì strabiliata. “È pazza!”.
«Ma certo!» ripeté. «Mr. Jay è stato buttato nel cestino, dalla sua agenzia letteraria, per la superbia di un qualche premio».
Vanille si accese come un vulcano in piena.
«È sicuramente andata così! Un’operazione chirurgica, una vivisezione. Hanno commesso un delitto. Un crimine letterario, per piegarsi alla determinazione di un qualche giurato. Paige avrà saputo cosa vogliono e glielo sta servendo su vassoio. A Brown manca solo il limone in bocca».
Tutto quello che Vanille diceva non veniva sfiorato nemmeno da un decimillesimo della comprensione dell’amica.
«Il testo è debole, potrà anche vincere un premio concordato ma se poi arrivasse la stroncatura della critica? Non basta arrampicarsi, bisogna meritarsela la vetta e restare in equilibrio».